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Che cos’è la pizza contemporanea?

Quanti tipi di pizze ci sono in Italia? Napoletana, Romana, Pugliese, quella col cornicione alto, quella senza, sottile e senza cornicione, per non parlare degli impasti con vecchi e nuovi grani, mixati in ogni modo, e poi tecniche di lievitazione anche molto sofisticate, mille e più farciture, metodi di cottura, un mondo certamente poco noioso non trovate?
Negli ultimi anni inoltre si parla sempre più di pizza contemporanea non mancano articoli, trattati, ne parlano i giornalisti e addetti ai lavori.

news.pngMa cos’è questa pizza contemporanea, che roba è? Entriamo nel tecnico, lo abbiamo chiesto agli addetti ai lavori, il primo contributo ci giunge da un giovane e molto preparato pizzaiolo napoletano, Vincenzo Iannucci, ecco cosa ci ha detto:
«La pizza contemporanea è una nuova visione del concetto di pizza, che si evolve, si veste di una rinnovata interpretazione, ritrova un’identità nell’assoluta centralità, partendo dall’uso del lievito, io suggerisco Mulino Caputo con mellassi italiano con il suo sottile confine tra dolce e salato. Insomma con il concetto di pizza contemporanea, si continua a esercitare la professione di pizzaiolo napoletano (patrimonio dell’Unesco), ma si tratta di pensare alla pizza in una maniera completamente nuova. Dove si lavora sugli impasti, sulle materie prime, sulle preparazioni, sulle forme, sul modo di servire e quindi di consumare proposte che non rientrano negli schemi noti. Nasce così la sua “pizza napoletana contemporanea” che unisce insieme degli elementi per ottenere “equilibrio” che è la chiave di volta insieme alla ricerca, allo studio, la pizza non è semplice in realtà e complessa, bilanciare, saper dosare e non eccedere insomma essere causa e non effetto».
Come abbiamo ascoltato quella di Iannucci è una precisa e molto qualificata valutazione tecnica. Ma la pizza contemporanea è solo un fatto di tecnica? O forse c’è dell’altro? Magari altri fattori molto più vicini alla natura umana, come passione e sentimento? Ad esempio Luigi Veronelli diceva “La pizza è un piatto carico di sentimenti”, mentre Mario Folliero, storico della pizza napoletana, che ho avuto la fortuna di conoscere, la chiamava la Vivanda Scugnizza una citazione bellissima che evidenzia la sua anima popolare, la pizza era un cibo per i poveri, i meno abbietti che poi diventa un piatto per un re, e per una regina. Margherita di Savoia Docet.
Quindi la “Vivanda Scugnizza“, la pizza, l’unico cibo che si divide per unire (altra bella citazione), un piatto che sa essere semplice e social, informale e pratico, concetti questi che hanno in verità poco di contemporaneo perché sono concetti che possono valere sempre no? Ieri, come oggi, come domani. Non trovate?
Ma tornando al concetto di pizza contemporanea ecco il pensiero di uno storico pizzaiolo napoletano, uno dei maestri indiscussi, Enzo Coccia della pizzeria la Notizia a Napoli.
«Cosa intendo io per pizza contemporanea? Non mi soffermerei molto sulle tecniche, impasti, manipolazione e cottura, ma farei un discorso più ampio di contemporaneità, intendo un discorso rivolto alla clientela, con un cibo sano, un rapporto diretto con gli agricoltori con chi ci dà la materia prima, che sia una filiera corta, senza intermediazioni e sfruttamento. In questo modo la pizza può diventare un cibo sostenibile. Sostenibile per l’ambiente e per le persone che collaborano a questo prodotto, che fanno si che sia eccellente…»

Ecco una chiave di lettura molto interessante, la contemporaneità è nel sapere essere cibo che rispetta canoni etici, quanto mai attuali in epoca di pandemia, cibo capace di soddisfare appunto esigenze contemporanee  e allora stesso tempo essere una pietanza dai valori sentimentali, passionali.

news-2.pngLa pizza un cibo che evidentemente non serve solo a nutrire lo stomaco, ma capace anche di essere prodotto inclusivo, soddisfa sensi diversi, stimola sentimenti positivi, infatti durante la pandemia è stato il cibo più richiesto a domicilio, ma che succede ora al mondo pizza dopo la pandemia?
Ecco cosa ci risponde Enzo Coccia: «Dopo la pandemia il mondo della pizza si interroga dove andare, io penso che dobbiamo partire dagli addetti ai lavori che devono saper fondere il lavoro artigianale con le tecnologie moderne, devono continuare a fare formazione, facendo formazione per se stessi e per i collaboratori si aumenta la qualità e quindi c’è un futuro economico per le proprie attività commerciali, per le proprie pizzerie, dobbiamo essere capaci di valorizzare ciò che facciamo all’estero e in Italia in questo modo indirettamente accoglieremo molti più turisti e aumenteremo il PIL dell’Italia. Questo significa che una coscienza personale diventa una coscienza collettiva per il bene comune, la contemporaneità non e’ altro che guardare al futuro oggi stesso nelle nostre pizzerie».  
Ragazzi allora cos’è questa pizza contemporanea, non è che la pizza si divide in sole due categorie? Quella buona e quella che non lo è, come afferma sempre molto saggiamente il mio amico Antimo Caputo, super esperto nel campo… di grano.
Certo le nuove tecniche, i mix di farine con vecchi e nuovi grani, vecchi e nuovi sistemi di lievitazione;  siamo tutti d’accordo la pizza si evolve e migliora anche grazie alla scienza alimentare, alla tecnologia, all’apporto dei professionisti, sempre più preparati, ma per un cibo essere contemporaneo non significa solo questo. Che significato ha la parola contemporaneo? Sul nostro vocabolario è scritto che è ciò che ha luogo, accade, si svolge, vive, opera in uno stesso periodo di tempo. La contemporaneità, come ha detto Enzo Coccia, è anche guardare al futuro, seguire i trend che il futuro ci indica come appunto quello della sostenibilità, genuinità, essere cibo etico.
E quindi se una pizza così è contemporanea oggi, lo sarà anche domani e mantenendo la sua identità, la sua qualità, i suoi valori, il suo sentimento, questa sua capacità di essere cibo friendly, social, sarà contemporanea anche fra dieci anni e anche fra cento. Insomma sarà contemporanea sempre. E se un cibo, o un qualcosa, o un qualcuno è sempre contemporaneo, allora significa che è sempre attuale, in qualsiasi epoca.

 

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Com’era contemporanea nella Napoli del ‘600, dove pensate ai tempi di Masaniello, la prima pizza di cui ne parlano gli annali era farcita con la sugna, qualche cicciolo di maiale, si chiama Mastunicola, era una pizza molto calorica, energetica, ed era appunto la merenda che i muratori si portavano al lavoro. Mastunicola, stava per pizza del mastro Nicola. Da qui si prese l’usanza di dare un nome alla pizza a seconda delle categoria dei clienti che la preferivano, infatti poi infatti arrivò la pizza alla Marinara che era quella preferita dai marinai, la Capricciosa forse per le ragazze che fanno le bizze… forse. Insomma era contemporanea anche allora. Insomma la pizza è e sarà sempre contemporanea. E questo è tutto.

 

Giuseppe Rotolo

 

 

Articolo tratto da Pizza&core Colletion n 111

Per leggerlo clicca qui

 

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28/03/2022

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